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“Certaldo,
come voi forse avete potuto udire,
è un castel di Val d’Elsa
posto nel nostro contado,
il quale, quantunque picciol sia,
già di nobil uomini e d’agiati
fu abitato”

Giovanni Boccaccio

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PREMIO BOCCACCIO vinto da Arbasino, Mentana e Shamsie, un coro a tre voci

Una terna di elevato spessore culturale festeggerà l’importante traguardo che conferma la manifestazione come una delle più importanti e longeve d’Italia

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Giovanni Boccaccio in un affresco della Casa del Boccaccio
Giovanni Boccaccio

in un affresco della
Casa del Boccaccio

Per una ricorrenza così significativa come il 30° compleanno del Premio Letterario Boccaccio la Giuria, presieduta dal Sen. Sergio Zavoli, non poteva che assegnare il riconoscimento ad autori appartenenti all’Olimpo della cultura, italiana e internazionale.

Salirà sul palco di Palazzo Pretorio in Certaldo Alto sabato 11 settembre, per il Boccaccio Italia, una voce storica dell’Italia letteraria, che durante la sua ricca formazione ha avuto modo di entrare in contatto con Fellini e Visconti, ha vissuto l’America di Kissinger e conversato con Simenon e Kerouak.

Alberto Arbasino, uno degli scrittori contemporanei più prolifici, nonché uno dei più apprezzati sia in Italia che all’estero, romanziere sofisticato, ironico e sperimentale, giornalista di costume, critico teatrale e musicale.

Insomma, un intellettuale nel senso pieno del termine.

A lui va il Boccaccio per l’opera omnia e, in particolare, per l’ultima sua fatica, America Amore (Adelphi), nella quale ripercorre gli anni in cui visse negli Stati Uniti da studente.

Al suo fianco Enrico Mentana, giornalista e conduttore televisivo che da 30 anni è sulla cresta dell’onda: dagli esordi in Rai, per la quale curò, fra le altre, la telecronaca del matrimonio fra Carlo l’Inghilterra e Lady Diana e la prima intervista alla madre di Alì Agca il giorno successivo all’attentato di Piazza San Pietro; al passaggio a Mediaset nel 1992, dove fondò il TG5, divenne in seguito direttore editoriale e nel 2005 ideò e condusse la trasmissione Matrix.

Fino all’ultimo passaggio, quello a LA7, per la quale dirige il TG, curandone anche la conduzione, con risultati eccellenti.

A lui va il Premio Giornalistico Boccaccio Montanelli.

La sezione internazionale arricchisce quest’anno il proprio Albo d’Oro con il nome della scrittrice pakistana Kamila Shamsie.

Classe 1973, la Shamsie si è fatta conoscere dal grande pubblico con Sale e Zafferano, opera del 2000, anche se già nel 1999 aveva ricevuto il premio letterario assegnato dal Primo Ministro pakistano e iniziato le sue collaborazioni con l’Independent ed il Guardian come corrispondente per le questioni relative a Pakistan, India e Afghanistan.

Il libro Ombre Bruciate (Ponte alle Grazie), per il quale le viene assegnato il Boccaccio Internazionale, accompagna il lettore in un viaggio attraverso il tempo, dalla Nagasaki dell’atomica fino alla New York delle Torri Gemelle.

Ai festeggiamenti per il trentennale del Premio saranno presenti, ovviamente, anche i membri della Giuria: assieme al già citato Sen. Zavoli anche Paolo Ermini (direttore del Corriere Fiorentino), Aldo Forbice (giornalista, scrittore, conduttore di ”Zapping”), Giuseppe Mascambruno (direttore de La Nazione), Marta Morazzoni (scrittrice, new entry della Giuria in sostituzione di Cristina Comencini che ha dovuto rinunciare per motivi lavorativi), Leone Piccioni (critico letterario), Luigi Testaferrata (scrittore, unico membro presente fin dalla prima edizione del Premio assieme al vero deus ex machina della manifestazione, l’attuale presidente Mauro Pampaloni).

Alberto Arbasino:
mi definirei uno scrittore espressionista,
che non rifugge dall’effetto violentemente sgradevole
Sento dire spesso che sarei uno scrittore barocco, ma la definizione non mi soddisfa. Mi considero piuttosto uno scrittore espressionista. L’espressionismo non rifugge dall’effetto violentemente sgradevole, mentre invece il barocco lo fa. L’espressionismo tira dei tremendi «vaffanculo», il barocco no. Il barocco è beneducato. Parla così del proprio lavoro Alberto Arbasino, scrittore nativo di Voghera, laureato in Diritto Internazionale all’Università di Milano, uno dei protagonisti dell’avanguardia letteraria degli anni ‘60 e del Gruppo 63. Collaboratore di alcune importanti riviste come «L’illustrazione italiana», «Officina», «Il Mondo», «Tempo presente», «Il Verri» e di alcuni periodici e quotidiani nazionali come l’«Espresso» e il «Giorno», Arbasino è stato redattore del «Corriere della Sera» e scrive su «Repubblica» dal giorno della sua fondazione.
Fra le arti da lui predilette sicuramente c’è il cinema, che ha conosciuto profondamente sin da giovane e dal suo interno, con la frequentazione di grandi registi come Fellini e Visconti e dei tecnici delle loro troupes. Arbasino ha avuto anche una esperienza di regia assieme a Missiroli per La bella di Lodi. Da ragazzino andavo al cinema spesso, ora c’è così poco da vedere! La qualità è diventata bassissima. I registi si rivolgono sempre più a un pubblico ideale di adolescenti. Tutti quei film con i serial killers vanno bene per i ragazzini, ma per uno come me, che ne ha viste tante… Diciamo pure che mi ci diverto molto meno. E io al cinema ci sono sempre andato solo per divertirmi, come d’altronde è successo anche per i libri. La poesia l’ho letta perché mi piaceva, mica per dare degli esami alla facoltà di Lettere!
Il cinema ha influenzato anche il modo di scrivere di Alberto Arbasino, la cui scrittura ha la tendenza a descrivere per immagini, una specie di montaggio visivo. Io ho sempre avuto la tendenza (per istinto, o magari per abitudine), invece che ad usare degli aggettivi più o meno generici, a servirmi in funzione aggettivale dei riferimenti visivi che in un’epoca come la nostra sono immediatamente chiari a tutti. Quando si cercano cinque o sei sinonimi di una parola che esprime un concetto qualunque, si esauriscono in un momento e l’effetto ovviamente rimane molto più generico e astratto. Io invece preferisco un’immagine, a patto però che sia precisa. L’ossimoro è intrigante, titillante, invece quando dici «come Mae West» è così e basta. Oggi però ormai lo fanno tutti quanti….

Da Nagasaki a New York
Kamila Shamsie racconta la Storia
Dall’atomica alle Torri Gemelle il viaggio dei protagonisti di Ombre Bruciate fa da fil rouge
Una storia d’amore agli esordi, un kimono bianco con su ricamate alcune gru, un lampo bianco e poi il niente: inizia così la storia dei protagonisti di Ombre Bruciate, dal giorno in cui fu sganciata la bomba atomica sulla cittadina giapponese di Nagasaki. E le Ombre del titolo sono quelle che restano per sempre sulla pelle della protagonista che, pur sopravvivendo all’atomica, trova sulla schiena impresse le gru del ricamo, che con il calore dell’esplosione hanno lasciato la loro ombra sulla sua pelle. Non voleva essere una metafora – spiega l’autrice - ma più semplicemente un’immagine. Violenta, ma vera. Avevo letto, in un libro di storia, che l’atomica aveva incenerito la stoffa e lasciato sulla pelle, per sempre, delle ustioni, alcune a forma di fiori. Poi l’immagine è diventata un simbolo: Hiroko porterà per tutta la vita, sulle sue spalle, la Storia».

Una delle domande che più mi assillavano era perché l’America avesse sganciato la seconda bomba, su Nagasaki – ha affermato la scrittrice in una intervista - L’America aveva visto le foto di Hiroshima, si dà per certo che il Giappone si sarebbe arreso. L’America ha sganciato la seconda bomba per mostrare ai sovietici quanto gli americani fossero forti e spietati. Dal 1945 si precipitò dritti dentro la guerra fredda, questa portò la Russia ad invadere l’Afghanistan e poi all’intervento americano e alla follia di oggi. Sì, credo che ci sia una linea diritta che collega questi avvenimenti. E proprio sulla base di questo tipo di ragionamento, la ricerca di una concatenazione fra gli eventi storici di rilevanza internazionale, la Shamsie porta avanti la sua opera, attraversando il Pakistan e l’Afghanistan, parlando di talebani, indiani, inglesi, fino all’11 settembre, con l’ombra di Guantanamo a fare da sfondo ad un finale sui generis.
Un libro in cui amore ed odio si alternano con una semplicità estrema, così come accade nella vita di tutti i giorni. L’amore che lega le vite dei protagonisti, che si intrecciano anche a distanza di anni, allontanandosi per poi ritrovarsi sempre lì, pronti ad aiutarsi e ‘fare quadrato’ per affrontare le prove più dure.
Ma anche l’odio, quello che ha causato le migliaia di morti civili giapponesi per le atomiche, i deceduti nel crollo delle Torri Gemelle. In mezzo a queste due tragedie, che fanno da ‘cornice’ al libro, altre guerre, altre morti, altre tragedie - e vi leggiamo solo quelle che toccano da vicino i protagonisti: la fine dell’Impero britannico e i disordini che hanno preceduto la Spartizione con gli esili forzati, e poi l’Afghanistan, ennesimo terreno di gioco per le superpotenze, vivaio di terroristi, nodo di tutti i drammi. Un libro che conserva per sempre il ricordo di un giorno: questa definizione l’autrice l’ha riservata per gli abiti, che secondo lei trattengo al loro interno i ricordi dei giorni in cui si sono indossati; la stessa può essere adoperata anche per il libro, che mantiene ben viva in ogni lettore la memoria di quei giorni che nessuno dovrebbe mai dimenticare.

Enrico Mentana:
Oggi la politica è solo l’arte del prevalere
Per lui una escalation di successo dagli esordi in rai fino alle sue ”creature” dorate:
TG5, Matrix e TG La7.
Va proprio detto che Enrico Mentana la sua strada verso il successo l’ha individuata fin da subito, perseguendola fino ad arrivare al top del giornalismo italiano: dopo i primi anni in Rai, per la quale ha seguito eventi a loro modo rimasti nella storia, come il matrimonio di Carlo l’Inghilterra e Lady Diana Spencer e l’intervista alla madre di Alì Agca il giorno dopo l’attentato a Papa Giovanni Paolo II, fino ai successi di oggi.
Lasciata ‘mamma Rai’ inizia la vera storia di Mentana: per Mediaset (allora Fininvest) crea il Tg5, la cui vita è stata segnata da tappe importanti, dall’esordio fortunato con oltre 7 milioni di telespettatori il 13 gennaio 1992 al primo vero sorpasso sul TG1 dovuto al tragico primato sulla notizia della morte del giudice Giovanni Falcone e la strage di Capaci, fino allo storico faccia a faccia tra Achille Occhetto e Silvio Berlusconi (nel penultimo giorno di campagna elettorale) e alla sequenza fotografica dell’uccisione di Carlo Giuliani. ”Veloce, formalmente molto curato, niente scenografie lussureggianti ed un logo essenziale giocato su due colori. Informativamente un telegiornale che si batterà con gli altri senza alcun complesso di inferiorità”.
Queste le parole con cui il giornalista aprì la prima puntata del Tg5, una vera a propria ‘ricetta’ per il successo che, a distanza di anni, si dimostra ancora vincente. Dopo aver creato Matrix, un’altra trasmissione che con la sua popolarità andava ad insidiare la regina indiscussa della seconda serata italiana, ovvero il Porta a Porta di Bruno Vespa, Mentana decide di lasciare Medaset per divergenze di vedute con l’editore. Nella serata della morte di Eluana Englaro Canale 5 decide di non cancellare dal palinsesto il Grande Fratello, e così non viene lasciato spazio a programmi di approfondimento sul delicato evento in corso: Mentana, direttore editoriale di Mediaset, il giorno successivo presenta le proprie dimissioni.
Sembra la fine della storia, ed invece i ‘corsi e ricorsi’ di Giovan Battista Vico ancora una volta confermano la loro esistenza: altra rete (La 7), altro telegiornale, il Tg La7, che nelle mani di Mentana si trasforma, basandosi sulle semplici regole da lui indicate. Un altro successo di pubblico e di critica, Mentana ancora una volta sulla cresta dell’onda. C’è ancora chi segue Avetrana – ha spiegato il giornalista in una intervista a Vanity Fair - ma c’è una fetta, neanche marginale, che vuole altro. Chi mi ferma per strada dice sempre la stessa frase: ‘Grazie, perché mi ha restituito il gusto di vedere un vero telegiornale’. E questo è il vero ‘ingrediente segreto’ di una ricetta che, anno dopo anno, conferma la propria validità.
Il cerchio si chiuderà con un ritorno in Rai? Non ci tornerei – spiega il giornalista - perché ci ho lavorato nove anni, so come funziona. In Rai tornerei solo se mi venisse garantita la libertà di non rispondere al telefono ai politici. Una cosa che non concederanno mai. Io sono l’unico direttore di Tg che non vota. La politica oggi è raccontata da piccoli fatti che non c’entrano con la passione. Per questo tante storie private, di sesso e tradimenti, prendono piede: un tempo non è che fossero più casti, ma avevano più argomenti. Oggi la politica è solo l’arte del prevalere. A Mediaset nessuno mi ha mai detto che cosa dovevo o non dovevo fare. La mia libertà si cibava del successo. Magari la telefonata c’era: ”Guarda che questa cosa dà fastidio”. Ma, se era una notizia, la davo lo stesso.

Premio Letterario Giovanni Boccaccio

Brevi cenni storici

Nato nel 1981 in omaggio alla figura del grande novelliere certaldese, il Premio ebbe il suo fervido ideatore in Paolo Renieri, primo Presidente di un Comitato ristretto che adesso annovera 9 elementi al suo interno ed è presieduto da Mauro Pampaloni, coadiuvato dal vice presidente Mario Pucci e dal segretario Carlo Posarelli.

Mano a mano che dell’alto riconoscimento sono stati insigniti i principali rappresentanti della cultura italiana e internazionale il Premio ha valicato i confini toscani e ha fatto conoscere il proprio nome sia in tutta Italia che oltralpe.

La Giuria si è onorata dei più significativi nomi della cultura contemporanea, tra cui Geno Pampaloni, Claudio Marabini, Giancarlo Vigorelli, Bruno Vespa e Giancarlo Mazzuca.

Al momento essa è composta da:

  • Dott. Aldo Forbice (giornalista – scrittore – conduttore di ”Zapping”)
  • Dott.ssa Marta Morazzoni (scrittrice)
  • Prof. Luigi Testaferrata (scrittore)
  • Prof. Leone Piccioni (critico letterario)
  • Dott. Paolo Ermini (direttore del quotidiano ”Corriere Fiorentino”)
  • Dott. Giuseppe Mascambruno (direttore del quotidiano ”La Nazione”)

e presieduta dal Sen. Sergio Zavoli.

Dal 1990 è attivo, parallelamente alla sezione Boccaccio Italia, il riconoscimento internazionale Boccaccio Europa, che viene assegnato con gli stessi criteri del corrispettivo italiano spaziando però, per i nomi dei vincitori, in tutto il panorama europeo.

Ad unirsi a queste due sezioni anche la Borsa di studio, che viene elargita dal Rotary Club Valdelsa e assegnata su segnalazione del Comitato scientifico dell’Ente Nazionale Giovanni Boccaccio.

Dalla sua ventesima edizione, infine, il Premio Letterario si è arricchito di una nuova sezione dedicata al giornalismo: il Premio giornalistico Indro Montanelli, riservato a rappresentanti della carta stampata e della tv.

Il Premio si celebra il secondo sabato del mese di settembre nel suggestivo borgo medioevale di Certaldo Alto (quella sera illuminato da torce) e si avvale del contributo del comune di Certaldo, del Rotary Club Valdelsa e di alcuni istituti bancari.

La serata viene ripresa dalla tv di stato e molti sono i giornalisti presenti.

Albo d’oro Premio letterario Boccaccio

Boccaccio Italia

  • Piero Chiara
  • Giovanni Arpino
  • Gina Lagorio
  • Gesualdo Bufalino
  • Mario Rigoni Stern
  • Manlio Cancogni
  • Mario Tobino
  • Giovanni Spadolini
  • Giulio Andreotti
  • Enzo Biagi
  • Indro Montanelli
  • Michele Prisco
  • Fulvio Tomizza
  • Alberto Bevilacqua
  • Marta Morazzoni
  • Giorgio Montefoschi
  • Sergio Zavoli
  • Mario Luzi
  • Enzo Bettizza
  • Giuseppe Pontiggia
  • Susanna Tamaro
  • Francesca Marciano
  • Margaret Mazzantini
  • Claudio Magris
  • Cristina Comencini
  • Andrea Camilleri
  • Andrea Vitali
  • Daniele del Giudice
  • Alessandro Baricco
  • 2011 – Alberto Arbasino

Boccaccio Europa

  • Gregor von Rezzori
  • Francois Fejto
  • Predrag Matvejevic
  • Manuel Vazquez Montalban
  • Fleur Jaeggy
  • Evgenij Alexandrovich Evtuscencko
  • Antonio Skármeta
  • Ismail Kadaré
  • Luis Sepùlveda
  • Baltasar Porcel
  • Björn Larsson
  • Noah Gordon
  • Muriel Spark
  • Dominique Lapierre
  • Mark Haddon
  • Abraham Yehoshua
  • Vikram Seth
  • Ildefonso Falcones
  • Aharon Appelfeld
  • Hugh Thomas
  • Parinoush Saniee
  • 2011 – Kamila Shamsie

Premio Giornalistico Indro Montanelli

  • Bruno Vespa
  • Tiziano Terzani
  • Piero Angela
  • Aldo Forbice
  • Sergio Romano
  • Giancarlo Mazzuca
  • Giulio Anselmi
  • Magdi Allam
  • Ferruccio de Bortoli
  • Giovanni Minoli
  • 2011 – Enrico Mentana

26/6/2011 Comunicato Stampa

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